Non aspettatevi premesse. Non sarei
credibile.
Prima o poi sarebbe arrivato il
momento in cui qualcuno avrebbe fatto meglio di me, no?
Mamme non si nasce, giusto? Nemmeno
figli si nasce, giusto?
Io ho lavorato sodo, anche nelle
situazioni peggiori non ho mai mollato. Sono stati anni difficili. Lui, un
carattere forte, deciso, despota, non per nulla in tenerissima età si era
guadagnato il soprannome di Tirannosauro rex.
Sapeva come farmi piangere. Punto.
Un paio di scarpe, un pantalone
nuovo, una giacca da cambiare, un parco giochi diverso (non scelto da lui) e la
bomba si innescava (chi di voi ha appena pensato “i bambini sono tutti uguali”,
è esonerato dal leggere il post per intero. Chi invece ha pensato che avrei
dovuto essere più autorevole, non me lo dica, non reggerei).
Conservo ancora un paio delle sue
scarpine, se si possono ancora definire tali.
Loro sono state oggetto di una guerriglia durate mesi e mesi. Poi le
maestre dell’asilo hanno provveduto a sostituirle (con un paio di scarpe che
avevo consegnato loro di nascosto).
Naturalmente Lui le ha calzate senza fare un “cip” per poi correre spensierato,
Lui, a giocare.
Poi abbiamo avuto la fase “non mi
vesto”. Anche qui le maestre hanno capito, Me.
Allora in pieno inverno lo infilavo
in auto in canottiera e boxer, gli allacciavo la cintura, gli mettevo la
museruola e lo portavo all’asilo.
Appena entrato si faceva vestire in
zeroventunsecondi. Bello di mamma.
Siamo stati genitori “cattivi”. I
primi anni lo “abbandonavamo” dalla parrucchiera.
Lo sentivamo strillare, piangere, ma
noi imperterriti! Al bar, di sotto, a bere un caffè.
Lui ne usciva più forte che mai.
Crescendo, Lui, tu pensi di aver
acquisito determinate strategie di persuasione, ma Lui cresce e ti ingarbuglia
tutto.
È un po’ come se all’ultimo pezzo
che manca per terminare il puzzle, con un colpo di mano qualcuno te lo spazza
via.
Passano gli anni e i capelli
crescono. Una spuntatina era tutto quello che ci concedeva.
Ti ci abitui, anzi ti piace con i capelli
lunghi, la frangia sugli occhi, lo sguardo da ribelle. Deponi le armi.
In fondo è bello cosi.
Poi così all’improvviso succede che
ti chiede “vorrei tagliarmi i capelli”.
“Prego?” rispondo di riflesso. La
lettura labiale ha un suo lato positivo, puoi farti ripetere all’infinito le
cose e prendi tempo senza passare per scema.
Gli rispondo con una tranquillità
che sembro essermi tracannata un balsamo alle erbe.
Taglia i capelli. Fin qui tutto
bene. Non riesco nemmeno a gioire. Perplessa.
Passa un giorno. Dico bene un
giorno.
“Mamma vorrei tagliarli ancora un
po’”.
Se sei tu l’angelo azzurro…. Questo
azzurro non mi piace…
Passano due settimane. Dico bene due
settimane, quattordici giorni.
“Mamma ancora più corti li vorrei”.
Se sei tu l’angelo azzurro… Questo
azzurro non mi piace.
Ora a noi due, dico a te. Io credo
che dietro a Lui ci sia tu. Ma forse mi sbaglio.
Se sei tu l’angelo azzurro,
cerchiamo di essere più precise.
Se Lui (mio figlio), ti piace con i
capelli corti, magari mi fai uno schizzo, così lo porto dal parrucchiere e
risparmiamo un sacco di soldini.
Se sei tu l’angelo azzurro, non mi
puoi cambiare idea sul look ogni tre per due.
O ti piace o non ti piace.
Io vorrei vederti più decisa. Lui ha
già un carattere così forte.
Se ci perdiamo in un taglio di
capelli, non va bene così. Dai retta a me. Io con questo ho perso battaglie
come mangiar spagnolette.
Oggi li ha tagliati di nuovo, e già
tremo all’idea di quello che tu potrai dire.
Non sono arrabbiata. Assolutamente,
no!
Ma capisci che tu hai detto “A” e
lui ha eseguito “A” e non “B” o “C” .
E io che ho detto “A” per 15 anni e
lui ha sempre eseguito “N” “O”!?
Se sei tu l’angelo azzurro… Questo
azzurro come fa?
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